Nuovo Mondo Coraggioso.
Da: EPDAPLUS Primavera 2010 - num. 13
Di Peter Jenner
(
www.epda.eu.com)
This article has been provided with the kind permission of the European Parkinson’s Disease Association.
Questo articolo è pubblicato con il cortese permesso dell'EPDA (European Parkinsons's Disease Association).


Il volto dei farmaci per la malattia di Parkinson sta cambiando. Non solo sta aumentando la rapidità di questo cambiamento, ma si registra anche un positivo spostamento dell'accento verso singole pillole che trattano molti componenti della malattia. Tuttavia, come spiega Peter Jenner, nonostante le possibilità, il futuro di molti di questi trattamenti resta incerto ….. per ora

Il trattamento del Parkinson sta cambiando. È vero e inevitabile che il cambiamento si sta verificando più lentamente rispetto alle aspettative delle persone con Parkinson (PCP) e di quanti li assistono, e tuttavia si è osservato un innegabile spostamento dell'enfasi e uno slancio maggiore, che sta portando a un utilizzo migliore dei trattamenti tradizionali e allo sviluppo di nuovi. Insieme, queste attività iniziano a produrre una 'generazione' di farmaci che potrebbero migliorare il controllo dei sintomi motori e non motori nelle PCP e, con il tempo, alterare il corso della malattia espletando un'azione neuroprotettiva o neurorestorativa.

MARCIA AVANTI

I farmaci dopaminergici, come levodopa e gli agonisti dopaminergici (DA), sono in commercio da circa 40 anni, eppure il loro impiego è sfortunatamente associato a una serie di effetti indesiderati, quali discinesia e psicosi. Tuttavia, oggi si è creato un consenso sul ruolo chiave del modo in cui questi farmaci vengono somministrati per garantire l'efficacia a lungo termine e la prevenzione di complicazioni motorie.
La somministrazione quanto più possibile continuativa dei farmaci è diventata un obiettivo chiave delle terapie future, oltre a offrire alle PCP praticità di assunzione dei farmaci e a ridurre il carico di pastiglie. Iniziato con le infusioni subcutane di apomorfina, questo trend ha recentemente portato all'introdizione della sommnistrazione continua intraduodenale di levodopa (Duodopa®), sebbene con tecniche invasive e non adatte a tutti.
Di conseguenza, l'attenzione si è spostata sui cerotti transdermici contenenti rotigotina (Neupro®) e a volte altri DA, come lisuride. Sono inoltre disponibili forme dei DA ropinirolo e pramipexolo somministrabili una volta al giorno per ridurre le fluttuazioni giornaliere del movimento ed eliminare la necessità di somministrare dosaggi tre o più volte al giorno.
Un aspetto ancora più importante riguarda la prossima disponibilità di una gamma di formulazioni di levodopa per la somministrazione orale che rilascerà il farmaco in modo più continuativo rispetto alle forme standard di Sinemet e Madopar (migliorando l'assorbimento intestinale e prolungando i livelli plasmatici e cerebrali). Nel frattempo, è in corso di sviluppo un cerotto transdermico contenente levodopa per la somministrazione giornaliera continua del farmaco. Si tratta di un importante passo avanti in quanto levodopa resta lo standard di riferimento e ad un certo punto viene prescritto a tutte le PCP. Di qui la necessità di una somministrazione cerebrale più efficiente e costante per mantenere la mobilità.

LA NUOVA GENERAZIONE

Gli effetti della somministrazione orale di levodopa possono essere già resi potenti dall'uso dell'entacapone inbitore delle COMT, che deve però essere assunto con ogni dose di levodopa. Un nuovo inibitore COMT- BIA 3-202 - è attualmente oggetto di valutazione clinica e potrebbe richiedere una sola somministrazione giornaliera (o meno frequente) senza comportare la tossicità del precedente composto ad azione prolungata tolcapone. A entrare nella fase di sperimentazione clinica c'è anche una nuova generazione di farmaci che stabilizzano la funzione dopaminergica nel cervello, come l'ACR325. La speranza è che questi farmaci possano sopprimere la discinesia prevenendo l'iperattività della funzione dopaminergica comunemente associata allo sviluppo dei movimenti anomali.
In tempi recenti, la filosofia che ha sotteso lo sviluppo dei farmaci è stata di produrre molecole in grado di trattare un solo componente di una patologia. Nel caso di malattie complesse come il Parkinson, tuttavia, ciò comporta l'assunzione di farmaci aggiuntivi per il trattamento di sintomi che esulano da quelli primariamente associati ai disturbi del movimento. Oggi si registra un ritorno a una classe di farmaci in grado di espletare molteplici azioni farmacologiche. Questa classe di medicinali potrebbe portare all'assunzione di un'unica pastiglia in grado di trattare molti componenti della malattia.
Il pardoprunox, ad esempio - attualmente in sperimentazione clinica di fase III - è un parziale DA che agisce anche come agonista serotoninergico e antagonista noradrenergico. La sua azione antiparkinsoniana è dimostrata, tuttavia si spera che possa anche prevenire la psicosi, inibire la discinesia e agire come antidepressivo o ansiolitico.
Anche la safinamide, un'altra molecola multifunzione, suscita interesse in quanto può potenziare gli effetti della dopamina attraverso l'inibizione del MAO-B e il recupero di dopamina, ma può anche inibire le azioni del glutammato, un altro importante neurotransmettitore del cervello colpito da Parkinson. Safinamide, in combinazione con levodopa o con i DA, ha già dimostrato di avere effetti positivi sui sintomi motori della malattia e oggi sono in corso studi clinici per valutarne la capacità di diminuire l'espressione della discinesia e migliorare la funzione cognitiva. Safinamide e pardoprunox riflettono una tendenza crescente verso lo sviluppo di farmaci in grado di trattare i sintomi motori e non motori del Parkinson.

TREND PROMETTENTI

Recentemente è stato riconosciuto l'impatto diretto e indiretto prodotto dal processo patologico su molti altri sistemi neurotrasmettoriali nel cervello, oltre ai farmaci dopaminergici. Tra questi noradrenalina, serotonina, acetilcolina, glutammato, acido gamma-aminobutirrico (GABA), che potrebbero permettere di trattare i componenti motori del Parkinson attraverso strade alternative per evitare gli effetti collaterali tipici della terapia e offrire strumenti efficaci per gestire i sintomi non motori.
Molti di questi approcci si sono dimostrati promettenti nei modelli sperimentali e sono attualmente in fase di valutazione clinica iniziale. Tuttavia, si tratta di processi di valutazione piuttosto complessi i cui risultati hanno, in molti casi, deluso le aspettative.
Ciò nonostante, leviteracetam e fipamezole sono stati valutati in studi clinici di fase II e potrebbero dimostrarsi in grado di ridurre l'espressione delle discinesie, mentre gli antagonisti della adenosina A2a potrebbero offrire benefici sintomatici nei periodi 'on' del Parkinson durante le ore di veglia, senza provocare discinesie.
Nel frattempo, varie molecole nuove di questa classe sono attualmente in fase di valutazione II/III (preladenant, ST-1535, BIIB014, SYN 115) e sono stati già riportati miglioramenti nella funzione motoria.
È stato esaminato un antagonista del glutammato che influisce sui recettori mGluR5 per la soppressione della discinesia nel Parkinson. Secondo gli studi clinici di fase II, questo antagonista sembra efficace e probabilmente esente dagli effetti collaterali che hanno finora piagato questa classe di farmaci.
Ci auguriamo che tutti questi approcci aggiuntivi amplieranno l'armamentario di farmaci per il trattamento dei sintomi del Parkinson. Per ora non resta che aspettare e vedere quanti di questi supereranno il processo di sviluppo diventando farmaci di comune utilizzo.

L'ILLUSORIA RICERCA

L'obiettivo ultimo di un trattamento farmaceutico per il Parkinson consiste nel produrre composti in grado di influire sul processo patologico fino a invertirlo. Questa ricerca si è dimostrata finora chimerica e molto si sta facendo per determinare i meccanismi che causano la morte delle cellule neuronali nel Parkinson e i modi per prevenirli.
Attualmente gli approcci adottati sono molti e diversi, comprese le valutazioni sugli effetti di sostanze quali co-enzima Q10, vitamina D, creatinina e inosina (come precursore dell'urea). Vettori virali, terapia genetica, terapie basate su cellule e cellule staminali stanno facendo notizia e promettono bene per il futuro. Tuttavia, esistono anche alcuni approcci farmacologici piuttosto promettenti che presentano il vantaggio di essere già disponibili per la valutazione negli studi clinici. Il legame tra i canali del calcio di tipo L e la perdita di neuroni dopaminergici viene sfruttato grazie all'uso di antagonisti del calcio, come isradipina, già impiegati per trattare le patologie cardiovascolari. I risultati promettenti, pervenuti dagli studi di laboratorio condotti sui suoi effetti neuroprotettivi, si stanno ora traducendo in un programma di sperimentazioni cliniche.
L'exendina-4, un farmaco usato per trattare il diabete di tipo 2, espleta interessanti effetti farmacologici che suggeriscono un'azione protettiva contro i danni causati dalle tossine ai neuroni dopaminergici nei modelli sperimentali del Parkinson che invertono il danno provocato. Anche in questo, sono state avviate indagini cliniche per capire se questo farmaco può essere utile anche per rallentare il progresso della malattia.
Infine, a generare entusiasmo c'è anche un farmaco ricavato da un medicinale della tradizione cinese. CoganeTM, una piccola molecola che penetra nel cervello stimolando la produzione dei fattori di crescita (GDNF; BDNF) che innescano la rigenerazione dei neuroni dopaminergici, ha recentemente dimostrato di migliorare la funzione motoria in un modello primate della malattia ed è risultato sicuro nella somministrazione nelle PCP. Occorrerà aspettare per vedere se questo risultato si tradurrà in efficacia clinica, fornendo uno strumento in grado di trattare il processo patologico, non solo i sintomi.

RICORDA, RICORDA

Questa breve panoramica sugli sviluppi in corso nel settore dei farmaci per il trattamento del Parkinson, è presentata a scopo puramente informativo per evidenziare le attività svolte dalla ricerca nelle nuove strategie terapeutiche. Le sostanze, i farmaci in via di sviluppo o già disponibili e impiegati per nuovi scopi, nonchè altri elementi menzionati sopra non hanno ricevuto l'autorizzazione alla vendita dalle autorità competenti e non sono disponibili. Questi percorsi di ricerca incoraggiano a sperare che in futuro il trattamento della malattia di Parkinson potrà migliorare la qualità di vita delle PCP in tutto il mondo offrendo maggiore mobilità, riducendo gli effetti collaterali, migliorando il controllo dei sintomi non motori e limitando il carico dei farmaci.

Peter Jenner è direttore del Neurodegenerative Diseases Research Centre presso la School of Health e Biomedical Sciences del King's College di Londra.

Questo articolo è supportato da un finanziamento educazionale illimitato offerto per finalità scientifiche da Merck Serono SA, Svizzera. Merck Serono non rilascia alcuna dichiarazione in merito alla completezza, accuratezza o affidabilità delle informazioni fornite. Le opinioni espresse dall'autore non riflettono necessariamente opinioni, idee o politiche di Merck Serono.

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