Demenze, Parkinson, Sclerosi
Laterale e Sclerosi Multipla forse hanno una causa, ed una cura,
comune.
Nelle scorse settimane, importanti
riviste mediche, come Nature Medicine, Proceedings of National
Academy of Sciences, Neurology, hanno pubblicato riflessioni
e studi sui più recenti progressi riguardo alla comprensione
dei meccanismi che causano la degenerazione del cervello e del
tessuto nervoso in genere, nonché riguardo alle strategie,
comportamentali e farmacologiche, che possono prevenire e curare
malattie in rapida crescita in tutto il mondo.
Basta dare un occhio alle cifre per comprendere l'urgenza di
questa riflessione: si stima che oggi nel mondo ci siano 15 milioni
di persone con la malattia di Alzheimer; di questi circa 4 milioni
vivono negli Stati Uniti. A metà di questo secolo, gli
ammalati di Alzheimer statunitensi saranno 13 milioni e quelli
europei 16 milioni. Ma nel 2050, il grosso degli anziani vivrà
nei paesi in via di sviluppo, a livello mondiale quindi rischiamo
di raggiungere cifre simili a quelle di una epidemia infettiva.
Quando all'Alzheimer aggiungiamo il Parkinson, la sclerosi laterale
amiotrofica, la malattia da prioni (Creutzfeldt Jakob) e le altre
"minori" malattie neurodegenerative, il quadro è
ancor più preoccupante.
Se si consulta un manuale di neurologia, ognuna delle malattie
sopra citate viene presentata come una malattia nettamente distinta
e separata dalle altre. L'Alzheimer è una demenza senile
che riguarda soprattutto le aree corticali e ippocampali, il
Parkinson è una degenerazione dei neuroni che producono
dopamina, la sclerosi laterale amiotrofica è una malattia
dei motoneuroni e così via. In realtà i neurologi
sanno che queste separazioni sono meno rigide e che non è
infrequente trovare sovrapposizioni: demenza nel Parkinson, parkinsonismo
nell'Alzheimer, deficit cognitivi nella sclerosi laterale amiotrofica
e altro ancora.
Mark S Forman, John Q Trojanowsky e Virginia M-Y Lee, del Centro
per la ricerca sulle malattie neurodegenerative dell'Università
della Pennsylvania, sul numero di Ottobre di Nature Medicine,
fanno notare che è possibile rintracciare un meccanismo
patogenetico comune alle diverse malattie neurodegenerative.
Nell'Alzheimer, nel Parkinson, nella sclerosi laterale amiotrofica,
nella malattia da prioni, troviamo l'aggregazione di proteine
malamente conformate che diventano insolubili e che quindi si
depositano fuori e dentro i neuroni.
Per l'Alzheimer questo era noto da tempo, da quando, nel 1907,
il neurologo tedesco Alois Alzheimer descrisse placche senili
e matasse di neurofibrille diffuse nella corteccia e nell'ippocampo
di una signora cinquantenne, deceduta dopo una progressiva perdita
di memoria e di funzioni cognitive.
Per il Parkinson la storia è più ingarbugliata,
poiché nel 1912 un altro tedesco, Friederich Lewy, dimostrò,
nel cervello dei malati, l'esistenza di depositi, che da quel
momento vennero per l'appunto chiamati corpi di Lewy, ma in realtà
questo dato anatomo patologico non venne effettivamente correlato
alla degenerazione dei neuroni che producono dopamina. Per decenni,
il Parkinson, infatti, è stato classificato come una malattia
neurodegenerativa, che, per un meccanismo ignoto, colpisce solo
una specifica area del cervello, collocata nei cosiddetti gangli
della base, un'area cerebrale che fa parte del complesso circuito
che comanda il movimento.
Solo nel 1997 è stata scoperta la sostanza attorno a cui
si aggregano le placche di Lewy, chiamata alfa-sinucleina, ma
soprattutto è risultato sempre più chiaro che c'è
un legame tra questi depositi e il processo che causa la morte
dei neuroni dopaminergici, morte che non è ristretta alla
cosiddetta via nigrostriatale dei gangli della base, ma che è
diffusa ad altre aree del cervello interessando altri vie e altri
neurotrasmettitori.
Anche la Creutzfeldt Jakob, variante umana della malattia da
prioni (malattia della mucca pazza), presenta aggregazione di
proteine malconformate e sembra certo che la proteina prionica
degenerata sia il risultato della trasformazione di una normale
proteina prionica. Non è chiaro come avvenga questo passaggio,
ma, vedendo la recente epidemia di Creutzfeldt Jakob da ingestione
di carne di mucca infetta, gli studiosi ipotizzano che la presenza
di proteina prionica degenerata possa favorire il passaggio da
prione normale a prione infetto.
Ma questi depositi come possono causare il danno nervoso?
In tutte queste malattie troviamo due fenomeni strettamente correlati:
un forte incremento dello stress ossidativo cellulare e cioè
della produzione di specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto
(i cosiddetti radicali liberi) e un'altrettanto forte attivazione
infiammatoria del sistema immunitario.Ossidazione e infiammazione
vengono alimentate da e, a loro volta, alimentano l'aggregazione
proteica. L'identificazione di questi processi comuni consente
di ragionare su nuovi strumenti terapeutici e, soprattutto, su
nuove strategie preventive, anche di tipo comportamentale che
illustriamo negli altri articoli.
* Scuola di medicina integrata, www.simaiss.it
Copyright La Repubblica
Questo testo era pubblicato su Internet nella pagina http://www.repubblica.it/supplementi/salute/2004/12/02/medicinaricerca/011sis42811.html,
del 2dicembre 2004, non più in linea. |