" Premetto che ho 52
anni e un Parkinson non particolarmente benevolo da sedici; sono
stato operato tre anni e mezzo fa (impianto di neurostimolazione
del pallido) e oggi ho la netta sensazione che la malattia progredisca
più lentamente che negli anni precedenti all'intervento,
tantè che a tutt'oggi il voltaggio è invariato
e anche la terapia è stato aumentata di pochissimo.
E' possibile e come si spiega? Inoltre l'intervento mi ha quasi
cambiato il carattere rendendomi molto meno nervoso e reattivo
di quanto non sia stato in tutta la mia vita. Da cosa dipende? "
La risposta al primo quesito
va un po' articolata. In primo luogo non è infrequente
nella malattia di Parkinson la possibilità di osservare
o di constatare un periodo alquanto lungo, anche di due tre anni,
durante il quale la condizione motoria rimane sostanzialmente
immodificata, per cui anche il trattamento farmacologico non
necessita di nessun mutamento o di assai piccoli aggiustamenti.
Questo comportamento può far pensare che la malattia si
sia arrestata, anche se il processo morboso segue il suo normale
decorso lentamente peggiorativo. Questa potrebbe essere una prima
interpretazione.
Una seconda risposta ed interpretazione, che è però
dei tutto ipotetica, potrebbe essere che la stimolazione bilaterale
dei pallido agisca in realtà attraverso un meccanismo
neuroprotettivo, rallentando il decorso della malattia. Questa
ipotesi necessita però di conferme scientifiche e di ulteriori
studi clinici. Per quanto concerne il mutamento dei carattere
è possibile che la stimolazione dei pallido interno, che
determina un blocco dell'attività funzionale dello stesso
pallido, sia la causa di un atteggiamento più remissivo
ed inerte, infatti vi sono osservazioni di lesioni anatomiche
del pallido interno, determinate ad esempio da una alterazione
vascolare, che inducono una condizione di grave perdita degli
interessi.
" Da qualche tempo non
riesco a prendere sonno perché sono tormentato da una
dolorosa impossibilità di tenere ferme le gambe.
Si tratta della cosiddetta "sindrome delle gambe senza riposo"?
E cosa si può fare? "
E' probabile che si tratti
della sindrome delle gambe senza riposo, un tempo si usava il
termine di acatisia per definire questo disturbo nel soggetto
parkinsoniano. Ad ogni modo questa sindrome è abbastanza
frequente nei soggetti anziani, all'incirca nel 10%. I pazienti
che ne sono colpiti avvertono una sensazione spiacevole alle
gambe, quando sono inattive, in particolare nella parte finale
della giornata e soprattutto quando sono a letto, che può
regredire in modo temporaneo dopo avere volontariamente mosso
le gambe.
Questa spiacevole sensazione compare quando si è fermi,
in particolare da seduti o a letto e viene descritta spesso come
una sensazione di calore urente, o di formicolio.
Le persone sofferenti per la sindrome delle gambe senza riposo
hanno inoltre e spesso insonnia, un sonno frammentato, astenia
diurna e difficoltà a svolgere attività sedentarie.
In alcuni casi può essere utile uno studio polisonnografico.
Le medicine più utili sono i dopaminoagonisti (ropinirolo,
pergolide ecc.) che vanno somministrati prima di coricarsi a
basso dosaggio.
" Sono una donna di
58 anni e ho il Parkinson da circa 15. Le scrivo per un disturbo
non particolarmente frequente (fino ad oggi, solo una o due volte
all'anno) ma fastidioso, che si manifestò la prima volta
5 o 6 anni prima del Parkinson e sul quale però nessuno
dei molti medici che mi hanno visitato ha mai saputo pronunciarsi.
Iniziò all'improvviso con una "macchia" nella
visione, generalmente sulla destra. Non intendo dire con ciò
che vedo una macchia, piuttosto, c'è una zona del mio
campo visivo che è cieca. Poco dopo al posto della "macchia"
compare, sia che tenga gli occhi aperti o chiusi, uno "zig-zag"
luminoso dal colore brillante. A questo punto ho imparato a mie
spese che devo sdraiarmi immediatamente e mangiare 3 o 4 cucchiaini
di zucchero. Dopo una mezz'ora torno a posto. Se invece non mi
sdraio e non mangio, il disturbo continuo aggravandosi sempre
più e subentra dislalia (si dice così?). Ad esempio
io penso "tavolo" ma dico "talovo" oppure
anche quando le parole sono corrette io non le riconosco più
nel senso che so che quella cosa a quattro gambe normalmente
si dice tavolo ma non ne sono affatto sicura, pur non subentrando
con ciò alcuno stato confusionale. Comunque sia lo stadio
finale dei processo se non corro ai ripari prima sdraiandomi
subito senza cuscino e mangiando zucchero è un forte mai
di testa seguito da vomito.
Vorrei sapere, dopo tutti questi anni, di che cosa può
trattarsi, se c'è una correlazione con il Parkinson e
se esiste una cura meno empirica di quella inventata, d'istinto,
da me. Mi scuso per la lunghezza ma ho dovuto spiegare tutto. "
Il disturbo da lei accusato
è quello tipico di una particolare forma di emicrania:
"l'emicrania accompagnata". Viene definita accompagnata
proprio perché la cefalea si accompagna ad altri sintomi,
in questo caso, a turbe visive e dei linguaggio, che precedono
di 10-30 minuti la comparsa della sintomatologia dolorosa.
Quando la sintomatologia è sempre la stessa e cioè
il campo visivo viene interessato sempre dallo stesso lato, il
destro, e le turbe dei linguaggio sono sempre presenti, è
necessario escludere una causa lesionale endocranica, come ad
esempio una malformazione vascolare, un angioma, anche se questo
è un evento assai raro. A tal fine sarà bene eseguire
una RMN dell'encefalo. Non vi sono rapporti con la malattia di
Parkinson.
E per quanto concerne la terapia, una volta esclusa una patologia
endocranica, si può ricorrere all'uso dei triptani che
vanno assunti all'inizio della sintomatologia. Per modalità
di somministrazione è opportuno sentire comunque lo specialista
neurologo.
Parkinson Italia News n.2002-1 |