Diagnosi delle sindromi parkinsoniane.
Alberto Albanese
Istituto Neurologico 'C.Besta', Milano - Università Cattolica, Roma
(IV Congresso Nazionale Parkinson Italia, Viareggio, 22-23 aprile 2004)


La diagnosi di malattia di Parkinson (MP) richiede preliminarmente di porre diagnosi di sindrome parkinsoniana. Questa si definisce come il quadro clinico che associa, in varia combinazione, almeno due dei seguenti segni clinici: tremore a riposo (4-6 Hz), bradicinesia o acinesia (con fatica acinetica), rigidità (con o senza troclea). La semplicità di questa definizione rende molto agevole per il clinico porre la diagnosi di sindrome parkinsoniana senza bisogno di ausili diagnostici strumentali e con un minimo di esperienza pratica.
Il passo diagnostico ulteriore richiede l'individuazione di una tra le diverse forme cliniche di sindromi parkinsoniane. Qui la diagnosi differenziale è più impegnativa e non sempre possibile. La diagnosi di MP si effettua per esclusione. Secondo i criteri proposti dalla banca del cervello inglese (1), è utile cercare, in primo luogo, segni clinici che sono comunemente non riscontarti nella MP, in modo da escludere un certo numero di possibilità diagnostiche. Nel caso in cui tale ricerca si sia dimostrata infruttuosa, è utile cercare segni clinici di supporto, atti a confermare la diagnosi clinica di MP. Questo percorso diagnostico non è scevro da errori, anche nei centri clinici più avanzati; si calcola che, anche i neurologi più esperti hanno una percentuale di errore diagnostico di circa il 15% (falsi positivi). Il motivo di questa limitatezza diagnostica risiede nel fatto che la definizione di MP è anatomoclinica e la diagnosi di certezza si basa sul riscontro autoptico. Non esistono test clinici che consentano la diagnosi di MP in vita. Solo la diagnosi genetica di parkinsonismo monogenico supplisce in parte a questa carenza, e consente la diagnosi di certezza in un numero ristretto di forme. Altri percorsi diagnostici ricalcano, con poche differenze, questi concetti (2).
La difficoltà di porre diagnosi di MP idiopatica ha sollevato il problema se esista, in realtà, una vera MP. Lo sviluppo delle conoscenze neurobiologiche e, in particolare, la scoperta dei meccanismi genetici e ambientali che portano alla degenerazione dei neuroni nigrostriatali hanno portato a ritenere che il concetto clinico di MP debba essere declinato piuttosto al plurale, come "malattie" di Parkinson. E' possibile che gli sviluppi di farmacogenetica portino in futuro a identificare terapie individualizzate per pazienti con forme diverse di MP; attualmente questo passo non è stato ancora compiuto e tutti i pazienti con MP (o con altre sindromi parkinsoniane) vengono trattati allo stesso modo. La caratteristica clinica principale della MP è la presenza di una risposta sostenuta alla levodopa, che si mantiene per tutta la durata del decorso clinico. Al contrario, le sindromi parkinsoniane plus non rispondono affatto (o rispondono solo transitoriamente) alla terapia con levodopa.
Le principali sindromi parkinsoniane plus sono la atrofia multisistemica (AMS), la paralisi sopranucleare progressiva (PSP, sindrome di Steele-Richardson-Olszewski) e la degenerazione corticobasale (DCB). La prima è una sinucleinopatia, mentre le altre due sono taupatie. Nonostante le comunanze dei meccanismi patogenetici, il quadro clinico di queste forme morbose si differenzia notevolmente con il progredire dei sintomi. La progressione dei sintomi avviene con velocità variabile nei diversi pazienti e i problemi di diagnosi differenziale tra le diverse sindromi e con la MP si pone soprattutto nella fase iniziale, quando può essere presente solo una sindrome parkinsoniana priva di atipie. Il fattore tempo rappresenta quindi un elemento diagnostico fondamentale e il monitoraggio della progressione clinica è un insostituibile ausilio per la diagnosi. I criteri diagnostici più utilizzati per la PSP sono quelli proposti da un consorzio facente capo al NIH (3). La "PSP possibile" ha un'evoluzione progressiva, esordio prima dei 40 anni e presenta un rallentamento dei movimenti saccadici verticali, instabilità posturale con cadute nel primo anno dall'esordio (oppure paralisi sopranucleare verticale verso l'alto o verso il basso). La diagnosi di "PSP probabile" è caratterizzata da un'evoluzione progressiva, esordio prima dei 40 anni, instabilità posturale con cadute nel primo anno dall'esordio, paralisi sopranucleare verticale verso l'alto o verso il basso. La diagnosi di "PSP certa" è autoptica.
I criteri diagnostici dell'AMS sono stati stabiliti da un comitato di consenso al quale ha partecipato anche lo scrivente (4). I criteri proposti sono alquanto complicati, ma giungono sempre a classificare la malattia in "possibile", "probabile" e "certa" (in caso di conferma autoptica). I criteri diagnostici per la DCB sono stati suddivisi in base agli obiettivi diagnostici: i criteri per la diagnosi clinica pratica differiscono dai criteri per la ricerca scientifica. Per la malattia dei corpi di Lewy, invece, vengono comunemente utilizzati criteri ritenuti ormai classici (5). Nelle fasi iniziali di malattia è possibile che un paziente rientri, per le sue caratteristiche cliniche, in più di un criterio e che la diagnosi rimanga pertanto incerta. Di norma, la diagnosi si chiarisce nel corso dell'evoluzione clinica, perché il quadro sintomatologico si orienta verso un unico gruppo di criteri. Questo tipo di evoluzione rende la diagnosi clinica più affidabile, perché affermata nel corso dell'evoluzione naturale del quadro clinico.
Monitoraggio dei segni e sintomi della malattia di Parkinson
Il monitoraggio della comparsa di sintomi chiave rappresenta un aspetto rilevante della valutazione nel tempo. Al momento della prima visita (e ogniqualvolta ciò si renda necessario) i pazienti vengono valutati con un protocollo standard, che prevede la valutazione di diverse voci utili a evidenziare la tipicità della presentazione (in rapporto alla diagnosi di MP) e dell'obiettività clinica riscontrata (Figura 1). La presenza di segni atipici (indicati in grigio) consente di evidenziare (anche visivamente) la possibilità che la diagnosi clinica si orienti verso una forma parkinsoniana diversa dalla MP.
Il monitoraggio dei segni motori viene oggi universalmente effettuato mediante la scala unificata del Parkinson (UPDRS), che è stata valicata già da molti anni e che presenta un elevato grado di affidabilità (6). E' in corso l'aggiornamento di tale scala, che sarà disponibile tra breve. La UPDRS consente di valutare in modo affidabile l'efficacia delle terapie e la necessità di apportare correttivi terapeutici.
Il monitoraggio delle discinesie in fase on, che complicano la terapia a lungo termine con farmaci antiparkinsoniani, rappresenta, invece, un obiettivo non risolto in modo soddisfacente. Le scale per le discinesie (sia soggettive che oggettive) non risolvono in modo soddisfacente le esigenze di monitoraggio delle condizioni obiettive e delle scelte terapeutiche di tipo sintomatico. Il tentativo di assemblare una scala unificata per le discinesie non ha portato finora a risultati soddisfacenti.
Un'inchiesta condotta negli Stati Uniti dalla Harris Poll, su di un campione di oltre 200 pazienti con malattia di Parkinson, ha riportato che i segni non motori della malattia (ad esempio, il dolore e la perdita di energia) sono più invalidanti dei caratteristici segni motori (quali il rallentamento del movimento ed il tremore). E' stato anche osservato che i sintomi riferiti spontaneamente dai pazienti al medico, in occasione dei controlli periodici, non sono quelli per loro più invalidanti. Ciò indica che i medici devono affinare il modo di raccogliere l'anamnesi dai loro pazienti al fine di avere un quadro completo delle condizioni cliniche. Non esistono attualmente scale unificate per il monitoraggio dei sintomi non motori della malattia di Parkinson; questo obiettivo sarà oggetto di ricerca nel prossimo futuro.
Monitoraggio della progressione della malattia di Parkinson
La MP è comunemente distinta in tre periodi successivi. Durante il periodo preclinico la malattia è già in corso, ma non sono evidenti segni o sintomi. Si ritiene che questo periodo duri alcuni anni. Nel periodo prodromico, che dura alcuni mesi e fino a qualche anno, i sintomi clinici non sono specifici e possono essere confusi con altri segni di malattia (ad esempio, dolore artrosico). Nel periodo sintomatico sono presenti i tipici segni parkinsoniani, che vengono di norma valutati e monitorati. Il periodo sintomatico è a sua volta distinto nella fase delle condizioni stabili (o "luna di miele"), nella fase delle fluttuazioni lievi (in cui generalmente compaiono soltanto fluttuazioni di tipo off), e nella fase delle fluttuazioni complicate (caratterizzata da discinesie on e fluttuazioni off che si mescolano in modo variabile). La distinzione tra queste diverse fasi di progressione del periodo sintomatico corrisponde a differenze significative nella gestione della malattia. Non esistono scale cliniche unificate per monitorare la progressione della malattia. A questo scopo è comunemente molto utilizzata la scala di progressione di Hohn-Yahr (7), la cui versione modificata è incorporata nella UPDRS. Gli studi recenti indicano, inoltre, che la progressione del processo morboso (degenerazione dei terminali nigrostriatali e deplezione dopaminergica) può essere monitorata mediante esami PET o SPECT effettuati periodicamente nel corso della malattia (8). La scala di Hoehn-Yahr ha un elevato valore funzionale, e gli esami PET o SPECT offrono una finestra importante sul processo neurobiologico sottostante; nessuna delle due, però, offre un monitoraggio delle fasi del periodo sintomatico descritte in precedenza.

Reference List

(1) Hughes AJ, Daniel SE, Kilford L, Lees AJ. Accuracy of clinical diagnosis of idiopathic Parkinson's disease: a clinico-pathological study of 100 cases. J Neurol Neurosurg Psychiatry 1992; 55:181-184.
(2) Gelb DJ, Oliver E, Gilman S. Diagnostic criteria for Parkinson disease. Arch Neurol 1999; 56:33-39.
(3) Litvan I, Agid Y, Calne D, Campbell G, Dubois B, Duvoisin RC et al. Clinical research criteria for the diagnosis of progressive supranuclear palsy (Steele-Richardson-Olszewski syndrome): report of the NINDS-SPSP international workshop. Neurology 1996; 47:1-9.
(4) Gilman S, Low PA, Quinn N, Albanese A, Ben Shlomo Y, Fowler CJ et al. Consensus statement on the diagnosis of multiple system atrophy. J Neurol Sci 1999; 163:94-98.
(5) McKeith IG, Galasko D, Kosaka K, Perry EK, Dickson DW, Hansen LA et al. Consensus guidelines for the clinical and pathologic diagnosis of dementia with Lewy bodies (DLB): report of the consortium on DLB international workshop. Neurology 1996;©ob 47:1113-1124.
(6) Fahn S, Elton RL, Members of the UPDRS Development Committee. Unified Parkinson's disease rating scale. In: Fahn S, Marsden CD, Calne D, Goldstein M, editors. Recent developments in Parkinson's disease. Florham Park: Macmillan Healthcare Information, 1987: 153-163.
(7) Hoehn MM, Yahr MD. Parkinsonism: onset, progression, and mortality. Neurology 1967; 17:427-442.
(8) Brooks DJ. PET and SPECT studies in Parkinson's disease. Baillieres Clin Neurol 1997; 6:69-87.