Vita riproduttiva e malattia di Parkinson.
Emilia Martignoni - Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi del Piemonte Orientale "A: Avogadro", Novara - Servizio di Neuroriabilitazione e Disordini del Movimento, Fondazione Salvatore Maugeri IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno (NO).
(IV Congresso Nazionale Parkinson Italia, Viareggio, 22-23 aprile 2004)

La malattia di Parkinson (MP) è tra le più frequenti malattie del sistema nervoso centrale ed è diffusa in entrambi i sessi. L'esordio, la progressione e la durata sono sostanzialmente simili negli uomini e nelle donne, ma l'osservazione clinica quotidiana induce a riflettere su possibili influenze del genere sulla malattia, come ad esempio suggerito dall'effetto negativo del periodo premestruale sui sintomi e sulla risposta terapeutica riferito da molte pazienti in età fertile. In particolare, l'esordio giovanile o peri menopausale dei sintomi può suggerire possibili interferenze reciproche tra la malattia e gli eventi della vita riproduttiva, sia da un punto di vista patogenetico che puramente clinico. In realtà sono state riportate differenze tra i sessi concernenti aspetti clinici, come dimostra il riscontro di problemi motori e comportamentali di maggiore gravità negli uomini, di contro ad una maggiore frequenza di discinesie e depressione nelle donne. E' anche noto che gli ormoni gonadici, gli estrogeni in particolare, influenzano, seppure in maniera non univoca, le funzioni dei gangli della base, come dimostrano molti studi sperimentali. Inoltre sono stati anche condotti in donne con MP studi che documentano possibili influenze degli estrogeni sulla risposta alla terapia antiparkinsoniana.
Sulla base di queste premesse è stato condotto uno studio in cui sono state dapprima confrontate le caratteristiche della vita riproduttiva in donne con MP e quindi correlati l'esordio e le caratteristiche cliniche della malattia con gli eventi della vita riproduttiva.
Sono state arruolate nello studio 150 donne affette da MP, di cui sono stati acquisite, mediante un apposito questionario, informazioni sugli aspetti della vita riproduttiva e le caratteristiche della malattia. I dati riguardanti la vita fertile sono state confrontati con quelli di 300 donne sane di età simile. Le donne con MP avevano in media 65.5 anni (range 42-85), con una durata media di malattia di 8.7 anni ed un range tra 1 e 35 anni; le donne di controllo avevano in media 63.5 anni (range 44-80).
Questo studio ha mostrato che le donne con MP, con esordio sia prima che dopo la menopausa, hanno una vita riproduttiva di lunghezza simile alle donne senza MP, ma lamentano più sintomi premestruali, meno gravidanze ed aborti e fanno un minor uso di anticoncezionali. La menopausa insorge in età simile alle donne non parkinsoniane, ma le pazienti hanno più "vampate", mentre riferiscono meno frequentemente depressione, insonnia, incontinenza urinaria e dispareunia ed assumono più raramente terapie ormonali sostitutive.
Il 25% delle donne considerate aveva avuto l'esordio della MP durante la vita fertile. Queste donne, tranne una presenza di sintomi premestruali maggiore rispetto alle donne non parkinsoniane, presentano una vita riproduttiva con caratteristiche sostanzialmente simili alle donne di controllo. Ma in oltre il 50% delle donne i sintomi della malattia e la risposta al trattamento peggiorano sensibilmente durante il periodo premestruale. Inoltre usano contraccettivi in misura simile alle coetanee senza MP.
Nell'insieme le donne con MP non mostrano differenze della vita riproduttiva rilevanti da un punto di vista quantitativo, rispetto a donne non parkinsoniane, con provenienza culturale e geografica simile. In realtà le differenze riflettono scelte diverse rispetto alla riproduzione, con un minor numero di figli, ma anche un minor numero di aborti e di impiego di contraccettivi, quando si consideri tutto il gruppo delle pazienti. Al contrario, se si considerano solo le donne con esordio di malattia in età fertile si vede che hanno la stessa percentuale di gravidanze delle donne senza MP. In realtà la ridotta parità è giustificata da un maggior numero di donne parkinsoniane nullipare, poiché, quando fertili, il numero di gravidanze era simile alle donne senza MP. Non pare quindi sostenibile una relazione diretta tra la malattia e la parità, quanto piuttosto potrebbero essere rilevanti aspetti comportamentali e personologici peculiari, eventualmente anche premorbosi.
Il ruolo degli estrogeni o del loro metabolismo nella patogenesi della malattia non sembra essere rilevante. Interessante è la conferma del peggioramento della malattia con il ciclo mestruale, osservazione condivisa in altri disordini del movimento, ma anche nelle cefalee primarie ed in malattie che non coinvolgono il sistema nervoso.
Infine i sintomi della menopausa sono percepiti differentemente dalla donne con MP, che riferiscono soprattutto le vampate, pur trascurando di assumere terapie sostitutive, verosimilmente per la maggiore attenzione dedicata alla MP, quando presente durante la menopausa.
In conclusione, le donne con MP, sia con esordio prima che dopo la menopausa, non hanno alterazioni quantitative della vita riproduttiva. Sembrano piuttosto sostenibili relazioni di tipo qualitativo, indicative di un più precario adattamento alle fluttuazioni della vita riproduttiva. Il ruolo modulatorio degli estrogeni sui neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione del movimento potrebbe determinare variazioni qualitative di risposte motorie o comportamentali specifiche in relazione al genere, senza imprimere caratteristiche patologiche alla vita riproduttiva.

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